Chachapoyas. Una città ancora avvolta da un velo di
mistero. Pochi la conoscono e pochi sanno della bellezza delle sue
stradine, dal virtuosismo dei suoi dolciumi e dei cortili delle case
ornate da orchidee. possiede l’ambiente architettonico di una città di
montagna, ma vi si comincia già a sentire il profumo della foresta, che
ne è l’emblema.
I Chachapoyas, chiamati anche guerrieri delle nubi, erano un popolo che abitava la zona andina delle foreste nebbiose del Perù. Conosciuta anche come Machu Picchu del nord, Kuélap
viene visitata poco in quanto si trova in una zona isolata con le sue
mura alte venti metri e i suoi deliziosi fregi di pietra, che fanno di
questa città il simbolo della cultura dei chachapoyas. Le costruzioni
dei Chachapoyas sono risalenti al nono o decimo secolo: questa
tradizione architettonica era ancora in uso quando gli spagnoli
arrivarono nel XVI secolo. Gli Inca introdussero il loro proprio stile,
come si può vedere nelle rovine di Cochabamba. Una è rappresentata da
sarcofagi situati in caverne scavate nel punto più alto di un precipizio
e l’altra è rappresentata da gruppi di mausolei costruiti come piccole
case situate in caverne scavate su pendii. Altri siti archeologici della
regione includono Gran Pajaten, Grand Saposoa e i siti funerari di Revash e Laguna de los Condores (lago dei Condor). Lungo la generosa vallata del Utcubamba ci sono, sparsi, centinaia di resti archeologici e il maggior numero di monumenti, tra cui Olan, Yalape, Purunllacta, Gran Vilaya
ricchezza storica paragonabile solo a Cuzco. Sono specialmente
impressionanti e destano meraviglia, i monumenti che hanno lasciato come
culto ai morti: tombe e sarcofagi pendenti dagli abissi. Come le altere
statue di due metri di Karajia. I vasai si trovano a Huancas, le tessitrici a Colcamar,
la tradizione a Jalca Grande e i formaggi e gli yogurt a Leimebamba,
simpatico paesino che ospita il Museo Mallqui, dove si esibiscono
estetici fardi funerari ed altre ricchezze culturali scoperte nella
laguna dei Condor.
La storia
Gli incas conquistarono la loro terra pochi anni prima dell’arrivo degli spagnoli. Durante il regno di Huayna Capac,
i Chachapoyas si ribellarono. Come risposta Huayna Capac, che si
trovava nella terra cañaris equadoriana e stava organizzando le proprie
truppe, mandò dei messaggeri per negoziare la pace. I
Chachapoyas punirono i messaggeri e li minacciarono di morte. Huayna
Capac diede l’ordine di attaccarli. Attraversò il Marañón sopra un ponte
di zattere di legno, che aveva ordinato di costruire presso a Balsas,
vicino a Celendín. Da lì, le truppe Inca andarono a Cajamrquilla (
provincia di Bolívar), con l’intenzione di distruggere questa città,
“una delle città principali” dei Chachapoyas. Da
Cajamarquilla un’ambasciata costituita da donne uscì allo scoperto per
incontrarli. Di fronte a loro c’era una matrona, una ex-concubina di
Tupac Inca Yupanquil. Chiesero pietà e perdono, cosa che gli Inca
garantirono. In ricordo di questo evento, il posto in cui ebbe luogo
l’accordo venne dichiarato sacro e chiuso all’accesso di uomini e
animali. Per assicurare la pace dei Chachapoyas, gli Inca misero delle
guarnigioni nella regione, sistemando e trasferendo gruppo di abitanti
con il sistema del mitmac, o cambio di territori di gruppi umani. Della
presenza Inca del territorio rimangono i resti archeologici di
Cochabamba, ai margini del fiume Utcubamba nel distretto di Leimebamba.
Sulle Ali del Condor
L’impero inca è stato il più vasto
impero precolombiano del continente americano. La sua esistenza va dal
XIII secolo fino al XVI secolo e la sua capitale fu Cuzco,
nell’attuale Perù. Unificò, conquistando o annettendo pacificamente, la
maggior parte dei territori occidentali dell’America del sud. Ad ogni
popolo conquistato, venivano imposti l’idioma e la religione
dell’Impero. A loro volta, gli Inca si arricchivano della cultura dei
popoli annessi. Il cuore dell’impero inca, sviluppatosi a partire dal
XII e fino al XV secolo, era sulle Ande, e si estendeva
dall’attuale Colombia attraverso l’Ecuador e il Perù, fino al Cile
all’Argentina. Qui la popolazione viveva essenzialmente d’agricoltura e
allevamento del bestiame, mentre gli abitanti delle zone costiere si
nutrivano principalmente di pesce. L’impero era diviso in quattro grandi
province ed era amministrato da Cuzco. L’impero incaico era costituito
da molte tribù differenti. Ma nel 1532 Pizarro arrivò
in Perù con un drappello di soldati spagnoli, allettato dalle leggende
che parlavano di enormi quantità di oro. Approfittando di una guerra
civile scoppiata tra Incas, gli Spagnoli in poco tempo riuscirono a
sopraffare gli indigeni. Amministrarono, poi, il paese come una
provincia feudale spagnola. Gradatamente tutte le antiche tradizioni
incaiche andarono perdute.Gli Incas non erano una tribù e nemmeno una
nazione. Erano una famiglia che in origine regnava su un piccolo dominio
di montagna nell’attuale Perù. I primi studiosi furono colpiti dal
fasto della civiltà Incas : la loro arte, l’architettura, le istituzioni
ricordavano agli storici del vecchio mondo l’Egitto, la Mesopotamia e
l’Estremo Oriente.
La fine dell’impero Inca
A Cajamarca, in una stanza che tuttora esiste,
l’imperatore inca a colloquio con Pizarro arrivò ad un compromesso,
gravosissimo ma non irrealizzabile. Atahualpa con un pezzo di mattone,
levatosi in piedi, tracciò una riga rossa ad altezza del braccio teso in
alto e promise di far riempire la stanza fino alla riga di oro raccolto
in tutto l’impero in pagamento per il suo rilascio. Pizarro accettò e
promise che solo al raggiungimento della riga rossa sarebbe arrivata la
liberazione dell’illustre ospite. Partirono immediati ordini per tutto
il vasto impero per raccogliere tutto l’oro possibile in qualsiasi parte
esso si trovasse. I templi furono svuotati, tra le lacrime e la
disperazione di sacerdoti e popolo, forzieri furono demoliti e lunghe
carovane di indios portarono in spalla pesanti fardelli del prezioso
metallo verso Caxamalca. Il
pavimento era già abbondantemente coperto e il livello era ormai
all’altezza di un ginocchio d’uomo. I soldati avidi di quell’oro
sbirciavano attraverso la porta ogni qualvolta carichi d’oro venivano
aggiunti e prima che la porta venisse ben serrata con robusti catenacci
dalle guardie spagnole. Ma le cose andavano per le lunghe. La pazienza
dei soldati spagnoli non era certo tra quelle proverbiali quando l’oro
“urlava” scintillando nel buio e la sopravvivenza di ogni giorno era
precaria e difficile. Il malcontento per tanta attesa aumentò in modo
intollerabile. Le richieste di “incominciare a suddividere quanto è già
stato depositato” si moltiplicarono e alla fine Pizarro, temendo
diserzioni e rivolte, distribuì l’oro ai soldati. Seguirà l’uccisione di
Atahualpa e la conquista finale dell’impero. La sala del riscatto
rimase intatta. Passarono i secoli e fu adibita ad usi diversi,
deposito di materiali vari, ricovero per animali ed anche scuola
elementare. La traccia rossa rimase in alto e ancora oggi è ben visibile
(venendo, di tanto in tanto, opportunamente ravvivata ad uso dei
turisti). Molti studiosi di civiltà incaica sono concordi nel ritenere
che la stanza in questione non sia quella originaria in cui fu rinchiuso
l’Inca prigioniero.
Chachapoyas è una città del Perù, capoluogo della provincia di
Chachapoyas e della regione di Amazonas, situata nella sierra nord del
Perù.
Chachapoyas deriva dal vocabolo indiano “chachapoyacuno” che significa “bosco o monte di nebbia”.
Questa città si trova a un’altitudine di 2.334 m s.l.m. nel nord-est peruviano, vicino al fiume Utcubamba.
A Chachapoyas il clima è temperato, moderatamente piovoso e con
variazioni termiche moderate. La media annuale di temperatura massima e
minima sono rispettivamente di 19°C e 9 °C.
fonte milesmagazine
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