sabato 12 gennaio 2013

Carnevale di Venezia



Le origini del Carnevale sono molto antiche: la prima testimonianza risale ad un documento del Doge Vitale Falier del 1094, dove si parlava di divertimenti pubblici e nel quale il vocabolo Carnevale viene citato per la prima volta. L’istituzione del Carnevale è generalmente attribuita alla necessità della Serenissima, al pari di quanto già avveniva nell’antica Roma, di concedere alla popolazione, soprattutto ai ceti più umili, un breve periodo dedicato a divertimento e festeggiamenti. Attraverso l’anonimato che garantivano maschere e costumi, si otteneva una sorta di “livellamento” di tutte le divisioni sociali ed era autorizzata persino la pubblica derisione delle autorità e dell’aristocrazia.

Il primo documento ufficiale che dichiara il Carnevale di Venezia una festa pubblica è un editto del 1296, quando il Senato della Repubblica dichiarò festivo il giorno precedente alla Quaresima. In quell’epoca e per molti secoli, il Carnevale durava sei settimane, dal 26 dicembre al Mercoledì delle Ceneri, anche se i festeggiamenti talvolta venivano fatti cominciare già i primi giorni di ottobre.

Nel XVIII secolo il Carnevale di Venezia raggiunge il suo massimo splendore e riconoscimento internazionale, diventando celeberrimo e prestigioso in tutta l’Europa del tempo. Sono di quell’epoca le famigerate avventure che videro protagonista uno dei più celebri personaggi del tempo: Giacomo Casanova. Scrittore veneziano molto prolifico, fu tuttavia maggiormente conosciuto come uno dei massimi esponenti dell’aspetto libertino della Venezia di quel tempo. Citato ancora oggi per la sua nomea di seduttore, creò il suo personaggio quasi mitico grazie alle partecipazioni a feste tra le più lussuriose, agli episodi amorosi più piccanti e alle incredibili traversie alle quali andò incontro nella sua vista sregolata, che portarono avventure, scandalo e vivacità ovunque si recasse.


Il Carnevale Moderno ha ereditato e assimilato decine di spunti storici e narrativi, come il Volo dell’Angelo, erede dello Svolo del Turco, funambolico omaggio fatto da un turco, appunto, per omaggiare il Doge scendendo, nel giorno del giovedì grasso, lungo una corda tesa dalla cima del campanile di San Marco sino alla loggia del Palazzo Ducale. Dopo il successo della spettacolare impresa l’evento fu programmato come cerimonia ufficiale. Dal 1759 però, quando l’esibizione finì in tragedia e l’acrobata si schiantò al suolo tra la folla inorridita, il “Volo” diventò Volo della Colombina: sopra una folla festante una colombina meccanica effettuava la sua discesa verso il Palazzo ducale e a metà percorso liberava coriandoli e confetti. Dal 2001, prima edizione del millenio, si è nuovamente passati alla vecchia formula “umana” di volo, tornando al vero e proprio Volo dell’Angelo con un artista legato ad un sicuro cavo metallico.
“Buongiorno Siora Maschera” questo il saluto che risuonava lungo le calli, per i canali e nei listoni: l’identità personale, sesso e classe sociale non esistevano più , si entrava a far parte della Grande Illusione del Carnevale.

Gli artigiani che fabbricavano maschere erano chiamati mascherieri fin dal tempo del Doge Foscari e possedevano un loro statuto datato 1436, erano aiutati nella loro professione dai targheri che imprimevano sopra lo stucco volti dipinti, a volte di ridicola fisionomia, con dovizia di particolari. La maschera era permessa dal giorno di Santo Stefano che sanciva l’inizio del Carnevale veneziano fino alla mezzanotte del Martedì Grasso, durante tutte le manifestazioni importanti era consentito l’uso di Tabarro e Bauta.


La Bauta è composta da un manto nero chiamato Tabarro, un tricorno nero ed una maschera bianca chiamata Larva (deriva dal latino Larva che vuol dire “fantasma” o “maschera”). Le donne indossavano generalmente una maschera ovale di velluto nero chiamata Moretta, aveva la particolarità di dover essere sostenuta tenendo in bocca un bottoncino all’altezza delle labbra, dando alle dame un silenzioso e misterioso fascino.
Bauta e Moretta erano utilizzate per mantenere l’anonimato e consentire qualsiasi gioco proibito.
Il Tabarro veniva spesso utilizzato per nascondere armi, per questo vennero emanati editti per impedirne l’uso improprio. Coloro che venivano scoperti a farne un uso improprio andavano incontro a pene severe: due anni di carcere, il servizio per 18 mesi nelle galere della Serenissima e il pagamento di 500 lire alla Cassa del Consiglio dei Dieci, le donne, spesso meretrici, venivano frustate da Piazza San Marco a Rialto, poste in berlina tra le due colonne di Piazza San Marco e bandite per 4 anni dal territorio della Repubblica oltre al pagamento di 500 lire.
Le maschere hanno trovato la loro consacrazione con il Teatro: grazie al lavoro del drammaturgo veneziano Carlo Goldoni alcune delle maschere più popolari della Commedia dell’Arte diventano dei perfetti stereotipi, ottimi per rappresentare la società veneziana. Tra le principali maschere troviamo Pantalone, anziano mercante ricco ed avaro, Arlecchino il servo imbroglione, Colombina la servetta e amante di Arlecchino, Pulcinella un altro servo ma di origine napoletana.

Curiosità su Venezia
* Il simbolo di Venezia è il leone alato con un libro aperto sotto la zampa anteriore destra che arreca la scritta in latino: “Pax tibi Marce evangelista meus” (Pace a te Marco mio evangelista). Quando il Leone di San Marco veniva rappresentato su pitture o sculture mentre reggeva una spada, significava che Venezia stava affrontando un periodo di guerra. La maggior parte dei “leoni” fu distrutta dalle truppe napoleoniche nel 1797, quelli che restano attualmente sono quasi tutti delle copie fedeli degli originali. In piazza San Marco ancora oggi sono visibili ben 13 leoni.
* A Venezia ci sono 417 ponti dei quali 72 privati. Si contano 300 ponti costruiti in pietra, 60 in ferro i restanti 57 in legno. Sono solo due i ponti a Venezia che non hanno spallette, uno si trova a Torcello e si chiama Ponte del Diavolo, un altro (privato) è visibile in Rio di San Felice.
* La parola Ciao ha origini veneziane. Nei tempi antichi a Venezia ci si salutava in questo modo:  “s-ciao vostro” (servo vostro, ai vostri ordini, schiavo vostro). Così, evolvendo, il saluto divenne prima “s-ciao” e quindi “ciao”.
* Le piazze a Venezia si chiamano Campi, infatti anticamente tali spazi erano adibiti a orti. I campi di fronte alle chiese venivano spesso usati come camposanti. Più tardi in ogni campo vennero costruite delle Vere da pozzo, dalle quali si poteva attingere l’acqua piovana debitamente filtrata da strati di argilla. A Venezia se ne contano quasi 600.
* Elena Lucrezia Cornaro Piscopia fu la prima donna al mondo ad essere laureata (25 giugno del 1678). Elena nacque a Venezia nel 1646. Una lapide commemorativa giace su un fianco di Palazzo Loredan oggi sede del municipio di Venezia assieme a Ca’ Farsetti.

* Il Campanile di San Marco misura 98,6 mt, crollò su sé stesso il 14 luglio 1902 (senza provocare vittime) e venne ricostruito in meno di 10 anni “dov’era e com’era” ed inaugurato il 25 aprile del 1912, giorno della commemorazione di San Marco, patrono di Venezia.
* La Strada più stretta di Venezia si chiama Caletta Varisco che si trova su una laterale nelle vicinanze di Campo San Canciano: ha una larghezza di soli 53 centimetri.


Carnevale di Venezia... vien noi... 
 

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