mercoledì 29 agosto 2012

Tosca di Giacomo Puccini



La Tosca è un’opera lirica in tre atti composta da Giacomo Puccini (Lucca 1858 – Bruxelles 1924) , sul libretto di Giuseppe Giacosa e Luigi Illica. La prima rappresentazione si tenne a Roma, al Teatro Costanzi, il 14 gennaio 1900.


Tosca è forse l’opera più drammatica di Puccini, ricca di colpi di scena e di accordi dissonanti che la caratterizzano.

La trama si svolge a Roma nel 1800.
L’atmosfera quella tesa che segue l’eco degli avvenimenti rivoluzionari di Francia e la caduta della prima Repubblica Romana (1798-1799), dove lo Stato Pontificio sta catturando i rappresentanti ed i sostenitori della Repubblica.



Le vite del pittore Mario Cavaradossi e della sua amante Floria Tosca incrociano Cesare Angelotti, patriota fuggito dalle carceri del Papa. Sulle tracce del fuggiasco c’è il barone Scampia, capo della polizia pontificia che, innamorato di Tosca, approfitta della situazione per conquistarla.
Finisce in tragedia come opera drammatica vuole: muore il fuggiasco, muore il cattivo Scampia per mano di Tosca, muore il pittore ed infine muore anche Tosca suicida. 

 ° non si sentiranno un po’ soli gli spettatori alla fine dell’opera? °


L’opera è a volte argomento di conversazione che lascia i più interdetti, senza parole, forse per la poca conoscenza dell’argomento; il fascino però di quella che, all’epoca di Puccini, poteva essere paragonata al nostro teatro, ma forse al nostro cinema, e per alcuni la nostra tv (con il raccapriccio di altri), è innegabile ed imperituro.

Sopra il breve riassunto della Tosca, per chi invece avesse voglia di un ripasso della storia, ecco di seguito la trama divisa per atti:

Atto primo
 
Angelotti, bonapartista ed ex console della Repubblica Romana, è fuggito dalla prigione di Castel Sant’Angelo e cerca rifugio nella chiesa di Sant’Andrea della Valle dove sua sorella, la marchesa Attavanti, lo fa travestire da donna per permettergli di nascondersi. La donna è stata ritratta inconsapevolmente dal cavalier Mario Cavadossi. 

All’irrompere del sagrestano (“e sempre lava”) Angelotti si nasconde nella cappella degli Attavanti, dopo poco sopraggiunge Cavaradossi (“recondita armonia”) e i due, che condividono la fede politica, preparano un piano di fuga, ma sono costretti ad interrompersi per l’arrivo di Floria Tosca, amante di Cavaradossi venuta per esporre al suo amato il suo progetto per quella sera (“non la sospiri la nostra casetta”). 
Riconoscendo però la marchesa Attavanti nella figura della Maddalena nel suo quadro, fa una scenata di gelosia a Mario che, a fatica, riesce a calmarla e congedarla. (“qual occhio al mondo”)
Un colpo di cannone annuncia la fuga del detenuto. Angelotti che era uscito dal nascondiglio per progettare la fuga con Mario che gli aveva offerto protezione, viene accompagnato da quest’ultimo per coprirlo nella fuga. Portano con loro il travestimento femminile ma dimenticano il ventaglio nella cappella.

La falsa notizia della vittoria delle truppe austriache su Napoleone a Marengo, fa esplodere la gioia del sagrestano che invita la cantoria di bambini a prepararsi per il Te Deum di ringraziamento. Improvvisamente sopraggiunge il barone Scarpia, capo della polizia papalina con i suoi scagnozzi; sono sulle tracce di Angelotti e sospettano di Mario sapendolo bonapartista.
Tosca torna in chiesa per informare l’amante che il programma per la sera era sfumato in quanto doveva cantare a Palazzo Farnese per festeggiare l’avvenimento militare (“ed io venivo a lui tutta dogliosa”). Scarpia aizza la gelosia di Tosca usando il ventaglio dimenticato per riuscire ad incolpare Mario e scovare Angelotti.
La donna, credendo in un furtivo incontro dell’amato con la marchesa, giura di ritrovarli. Scarpia la fa seguire (“tre sbirri, una carroza, presto”) pregustando la doppia vittoria sul rivale: ucciderlo e prendergli la donna. Inizia ad affluire gente in Chiesa per inneggiare alla vittoria e cantare il “Te, Deum”.





Atto secondo

A Palazzo Farnese si svolge una festa in presenza del Re e della Regina di Napoli per celebrare la vittoriosa battaglia.

Nel suo appartamento Scarpia sta consumando la cena. Spoletta e gli altri sbirri gli portano Mario che è stato arrestato, lui si rifiuta di rivelare il nascondiglio di Angelotti e viene condotto in una stanza dove viene torturato.
Tosca, finito di cantare alla festa, viene convocata da Scarpia che le fa sentire le urla di Mario per indurla a confessare il nascondiglio di Angelotti che è il pozzo del giardino della villa di Cavaradossi. 

Mario viene portato nella stanza ed, appreso il tradimento di Tosca si rifiuta di abbracciarla.
In quel momento un messo porta la notizia della falsa vittoria e rivela che è stato invece Napoleone a sconfiggere gli austriaci a Marengo. A questo annuncio Mario inneggia alla vittoria e Scarpia lo condanna a morte.

Disperata Tosca chiede a Scarpia di concedere la grazia a Mario ma il barone acconsente solo a patto che Tosca gli si conceda.
La cantante inorridita implora il capo della polizia e si rivolge in accorato rimprovero a Dio (“vissi d’arte, vissi d’amore”) [incomparabile l’interpretazione di Maria Callas nel 1958 ndr]
Tutto è però inutile, Scarpia è irremovibile e Tosca è costretta a cedere. Scarpia convoca quindi Spoletta e fa credere a Tosca che la fucilazione sarà simulata ed i fucili caricati a salve. Dopo aver scritto il salvacondotto che permetterà agli amanti di raggiungere Civitavecchia, Scarpia si avvicina a Tosca per riscuotere quanto pattuito ma questa lo accoltella con un coltello trovato sul tavolo. Prende il salvacondotto e, prima di uscire, pone religiosamente due candelabri accanto al corpo ed un crocifisso sul petto.

Atto terzo

E’ l’alba, in lontanaza un giovane pastore canta una malinconica canzone in romanesco.
Sui bastioni di Castel Sant’Angelo, Mario è ormai pronto a morire ed inizia a scrivere un’ultima lettera d’amore a Tosca ma sopraffatto dai ricordi non riesce a terminarla. (“e lucevan le stelle”)
Tosca arriva inaspettatamente e spiega all’amato di essere stata costretta ad uccidere Scarpia, gli mostra il salvacondotto e lo informa della fucilazione simulata.  Scherzando gli raccomanda di fingere bene la morte ma Mario viene fucilato veramente e Tosca, sconvolta ed inseguita dagli sbirri, grida “O Scarpia, avanti a Dio!” e si getta dagli spalti del castello.

 

2 commenti: